Robot in Usa: in 15 anni rimpiazzeranno il 40% dei lavoratori

Gli Stati Uniti aprono le porte ai robot in modo globale: per questo si calcola che nel giro di quindici anni circa il 40% dei dipendenti umani sarà sostituito da macchine. Tale dato conferma così la rivoluzione che sta prendendo il largo anche in Asia e in Europa, in modo particolare in Germania dove l’automazione ha eliminato il 35% dei posti. Questi dati sono stati riportati all’interno di uno studio della PricewaterhouseCoopers. Si tratta di una documentazione valida per poter così appoggiare l’idea promossa da Bill Gates, fondatore della Microsoft, che ha di recente suggerito di tassare i robot, visto che il loro lavoro sostituisce quello svolto dagli esseri umani.

In quali settori andranno a inserirsi i robot

Lo studio ha analizzato le stime legate all’estensione e alla velocità dell’automazione e soprattutto dell’intelligenza artificiale, verificando come andrà a svilupparsi nei prossimi decenni. Parlando proprio di dati presunti, gli stessi ricercatori hanno voluto precisare che la loro ricerca si basa su previsioni, che seguono il progresso tecnologico. Ecco allora che entro il 2030 si ipotizza la sparizione di almeno un terzo dei posti di lavoro disponibili nelle società industriali. Per PricewaterhouseCoopers è possibile che i settori che maggiormente apriranno le porte ai robot e all’automazione saranno quelli legati ai trasporti, allo stoccaggio, ai servizi alimentari e all’ospitalità. La guida è sicuramente al centro dello sviluppo tecnologico: le auto elettriche sono solo l’inizio di un viaggio che permetterà di migliorare e perfezionare la guida senza pilota. In questo modo i costi saranno resi più sostenibili e convenienti, soprattutto se parliamo di trasferimento merci legato a percorsi più pratici da affrontare, soprattutto sfruttando le autostrade. Gli autisti di camion quindi sono i primi a essere messi in allerta.

Analizzando questo dettaglio a livello globale, si nota che i lavori più a rischio sono quelli che non richiedono un livello di studio alto e completo. E’ quindi per il livello di sviluppo e d’istruzione che lo studio arriva a quantificare un’importante differenza tra le diverse Nazioni, che porta gli States al 38%, la Gran Bretagna al 30% e il Giappone al 21%. Rendere per esempio automatizzato il settore finanziario americano è molto più probabile rispetto a quello londinese, dove ai lavoratori viene richiesta una conoscenza e competenza molto più alta per seguire i mercati internazionali. I robot andranno così a collocarsi dove sono richieste mansioni meno specializzate.

Il segretario al Tesoro americano frena sulle tempistiche

Ma lo studio ha già ottenuto i primi commenti negativi: le previsioni fatte non sono piaciute a Steven Mnuchin, segretario al Tesoro americano, che ha per ora posto un freno sull’introduzione dei robot. Per lui si tratta di un’ipotesi ancora troppo lontana, che non avverrà prima di 50 – 100 anni. E secondo Mnuchin quando arriverà il momento, i robot andranno a coprire quei lavori sottopagati. Per questo consiglia di investire maggiormente “nell’istruzione e l’addestramento degli americani”, per portare i lavoratori a vestire incarichi di alto livello che i robot non saranno in grado di svolgere.

Mnuchin si fa così portavoce di un movimento a sostegno del lavoro umano, al fine di proteggere i lavoratori o limitare i dolori legati al passaggio all’era tecnologica. Con questo non si vogliono denigrare i vantaggi legati all’intelligenza artificiale e l’automazione, destinati quindi a progredire, ma si vuole studiare un modo per far convivere queste due potenti realtà lavorative. E’ importante riuscire a preparare i lavoratori, il governo, le stesse aziende a questo passaggio, così da massimizzare i benefici (anche per gli esseri umani), minimizzando i rischi a cui si potrebbe andare incontro. Serve quindi un piano capace di limitare i danni!

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